Avellino, Emergenza coronavirus, Fiordellisi (Cgil): «Serve un’azione urgente di tutela della salute dei cittadini»

«Dopo 7 mesi di pandemia, manca ancora il personale sanitario nelle strutture sanitarie irpine: si rincorrono i disponibili, si chiedono sacrifici al personale, mentre si bloccano le attività ordinarie come i ricoveri programmati e le prestazioni ambulatoriali», così Franco Fiordellisi, segretario generale della Cgil di Avellino. «Più di tutto, mancano gli anestesisti, ma tante altre figure tra cui anche i medici di base. Questo è lo stato dell’arte di una sanità irpina malata. Ma in questo contesto patologico le colpe non sono soltanto dei manager delle Aziende sanitarie, ma anche della Regione Campania, del Sistema Sanitario Regionale, dell’Unità di Crisi, e quindi della Politica regionale. Questo deve esser chiaro, non si possono scaricare rabbia e tensioni, unicamente sui responsabili locali, peraltro, messi lì dalla politica».
I dati «Il 97% dei posti di degenza disponibili in Campania è saturo così come quasi il 50% dei posti di terapia intensiva. In provincia di Avellino sono disponibili per ora solo i posti nella palazzina Alpi del Moscati 48, con le solite carenza di personale, in particolare medici. Non è polemica la definizione delle responsabilità, ma è chiaro che serve un serio piano di emergenza. Al Frangipane ci sono 3 reparti con personale contagiato, i pazienti Covid sono tra i vari reparti. Il 7 ottobre 4 medici precari operanti in Alpi hanno minacciato le dimissioni (poi ritirate) in attesa di risposte, ma non si può più avere personale precario e poco pagato»
I problemi dei medici di base «Nella Medicina di base e territoriale, oltre a mancare personale, non funzionano neanche le associazioni dei medici di base previste e annunciate prima del covid. Per questo è valida la proposta avanzata al governatore De Luca dall’associazione “Medici senza carriere” che è assolutamente condivisa e condivisibile in cui si chiede un decreto per inserire i medici di base a supporto della medicina territoriale». 
«La Campania forma medici dalle facoltà di medicina napoletane, salernitana e casertana: questi medici si specializzano in Campania e poi sono costretti ad un precariato pluridecennale, oppure, per scongiurare l’instabilità lavorativa, sono costretti ad emigrare in altre regioni. Quindi la Regione Campania investe risorse economiche su giovani medici e poi li lascia a loro stessi, oppure lascia che la costruzione di queste professionalità sia “regalata” ad altre regioni».
La Regione agisca diversamente «Il Presidente De Luca, piuttosto che risanare i ritardi della propria macchina regionale, che consentirebbe di dare ai Cittadini delle province campane medici più giovani, che sono parcheggiati in una graduatoria regionale o specialisti in attesa di concorsi, cosa fa? Chiede medici volontari da altre regioni! De Luca e i componenti della sua Unità di Crisi stanno mostrando tutti i loro limiti e tutto il loro pressappochismo nel governare la Sanità campana, in particolar modo in emergenza».
«Allo stato attuale i cittadini campani, a causa dei ritardi di pubblicazione e assegnazione degli ambiti carenti di medicina generale perseverati da Regione Campania, unica regione d’Italia con tale mostruoso ritardo, hanno a disposizione circa 350 medici di famiglia in meno. Nell’emergenza sanitaria che stiamo vivendo i medici, già pochi, per la loro età avanzata sono loro stessi pazienti con patologie croniche, terreno fertile per le complicanze che si possono scatenare per l’infezione da Coronavirus. Logica conseguenza per cui i cittadini rischiano di avere ancora meno medici di famiglia sui territori».
«Insomma, la situazione socio sanitaria della nostra provincia è precipitata e non siamo nella drammatica situazione dell’area metropolitana. Tutti sapevamo di una seconda ondata del contagio, c’erano tutte le condizioni per organizzare e prepararsi per affrontare le situazioni. Purtroppo nulla è stato fatto. Abbiamo una sanità pubblica che fa acqua da tutte le parti, nel socio assistenziale gestito dalle società coop non esiste un minimo di controllo, quei lavoratori trattati come schiavi e gli assistiti senza direttive sanitarie». 
La questione Landolfi «In un simile contesto, l’Azienda ospedaliera Moscati cambia rotta sul Landolfi di Solofra che da ospedale no-covid nella prima fase diventa Covid Hospital venendo svuotato di tutte le sue funzioni e costringendo la popolazione della Valle dell’Irno a recarsi nel capoluogo irpino anche per cure non complesse. Una scelta che appare incomprensibile e che potrebbe critica e fallimentare, considerando anche lo svuotamento del distretto Asl di Montoro, di fatto la sanità di prossimità viene a mancare ».
Infine l’Asl di Avellino «Un’azienda senza dirigenza. Da giorni si continuano a ricevere telefonate di cittadini che risultati positivi che non sanno cosa fare, restano in un limbo. Di protocolli di sicurezza ormai non se ne parla più, proprio nei luoghi che dovrebbero essere esempi di prevenzione. I sindaci dell’Alta Irpinia hanno prodotto un documento senza avere reali risposte. In questo quadro Ritengo sia il momento per richiedere, Unitariamente, una seria analisi delle attività svolte prima e durante l’emergenza sanitaria ancora in corso e, come ci sembra, se i risultati sono negativi andare all’avvicendamento o meglio sostituzione in tronco dei vertici dell’Azienda sanitaria e ospedaliera. Questa verifica insieme ai sindaci e alle organizzazioni sindacali dovrebbe essere fatta anche dal Prefetto a cui abbiamo più volte sollecitato incontri specifici».

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