Accadde oggi: “la resa dell’ultimo soldato nipponico”
L’ultimo giapponese, l’ultimo ad arrendersi. Anche se il suo esercito era stato sconfitto trent’anni prima. Ma il tenente Hiroo Onoda questo non poteva saperlo. Nessuno gli aveva detto della capitolazione dell’armata imperiale, nè delle bombe di Hiroshima e Nagasaki. Del resto Onoda era il portavoce di un ‘epoca, quella dei samurai, in cui la resa era sinonimo di disonore. E poi il maggiore Taniguchi, suo diretto superiore era stato chiaro: ” Resistere fino alla fine. Anche a costo della vita”. Onoda era stato inviato nell’isola di Lubang, ,attualmente nelle Filippine, nel dicembre’44. Ma il 28 febbraio 1945 l’isola subì un attacco nemico che annientò quasi tutte le milizie nipponiche, ad eccezione di Onoda e di altri tre commilitoni che si nascosero tra le montagne.
RESISTENZA- Il gruppetto di sopravvissuti iniziò la sua guerriglia. La tecnica era sempre la stessa: mordi e fuggi. In pratica tendevano imboscate. Le vittime erano i filippini collaborazionisti. O almeno così credevano. Passarono i mesi. Passarono gli anni. Uno degli uomini di Onoda fu catturato nel 1950. Altri due morirono in combattimento, l’ultimo nel 1972. Ma il tenente nipponico resisteva. Nonostante il governo avesse fatto lanciare da un aereo lettere e foto di famiglia. Ma la notizia della fine del conflitto non fu ritenuta attendibile. Finchè il 20 febbraio 1974, dopo quattro giorni di ricerche, il giapponese Norio Suzuki ritrovò Onoda. Sozuki fece poi ritorno in Giappone con le foto del militare e convinse l’ufficiale diretto superiore di Onoda, il Magg. Taniguchi, a recarsi sull’isola per convincerlo ad arrendersi. Onoda, magro, con il volto scavato e lo sguardo sempre fiero, stavolta cedette e fece ritorno in patria il 10 marzo 1974 , dove venne accolto con tutti gli onori dal Governo.
GLI ULTIMI ANNI- Ma nella terra del “Sol Levante” non restò molto. Aveva difficoltà a riadattarsi e forse non capiva quella società nipponica così trasformata dal boom economico. Allora Onoda emigrò in Brasile come suo fratello Tishro e lì si sposo nel 1976. Negli anni successivi scrisse anche un libro (intitolato No Surrender: My Thirty-Year War nell’edizione inglese) sul periodo trascorso nella giungla. Nel 1984 tornò in Giappone e fondò la scuola per bambini Shizen Juku Onoda (“Scuola Naturale Onoda”) e nel 1996 si recò sull’isola di Lubang per donare oltre 10.000 dollari a una scuola elementare. Il 16 gennaio 2014, a 91 anni, il tenente Onoda si è arreso alla morte, l’unica cosa alla quale nessun uomo sfugge. Nemmeno il più ostinato.
Mariano Messinese
Twitter:@MarianoWeltgeis