Avellino, la Coldiretti avverte sui notevoli rischi del territorio direttamente legati al maltempo

Le eccezionali precipitazioni atmosferiche di queste ultime settimane stanno mettendo a dura prova la tenuta idrogeologica del territorio irpino. Proprio negli ultimi giorni, la Coldiretti di Avellino è dovuta intervenire su una questione che rischia di diventare incontrollabile per le conseguenze che potrebbe avere sul territorio e sulla popolazione locale. Pressanti e preoccupate segnalazioni arrivano da molti imprenditori agricoli con aziende situate lungo il fiume Miscano, e in particolar modo in zona Frascino e Malvizza del Comune di Montecalvo Irpino.
A causa delle notevoli precipitazioni meteoriche di questi mesi, e soprattutto per la forte piena del 2 dicembre scorso, il letto del fiume Miscano si è abbassato di 1,5 metri. Gli argini sono stati stravolti, favorendo fenomeni franosi e lo slittamento dei pendii naturali. La Coldiretti ha interessato del problema le Ferrovie dello Stato, la Comunità Montana dell’Ufita, il Comune di Montecalvo Irpino e il prefetto di Avellino. La grave situazione venutasi a creare ha reso ulteriormente difficoltose le ordinarie operazioni colturali e l’attraversamento del fiume, con aumento dei costi e gravi ricadute economiche per le già difficili condizioni che stanno vivendo le aziende agricole. A tutto ciò si aggiunge la viva preoccupazione che suscita il crollo del pilone del ponte di Apice che potrebbe incidere sulla tenuta del ponte ferroviario della linea Napoli-Bari che sovrasta la zona interessata.
La Coldiretti ha richiesto a tutti gli Enti interessati un monitoraggio continuo dell’evolversi della situazione – dice Domenico Roselli della Coldiretti irpina – onde evitare che possa precipitare con conseguenze al momento imprevedibili. E’ urgente attivare tutti gli interventi necessari per mettere in sicurezza il territorio prima che sia troppo tardi”.
Per l’intero Paese, negli ultimi 20 anni per ogni miliardo stanziato in prevenzione ne sono stati spesi oltre 2,5 per riparare i danni. Il Ministero dell’Ambiente ha quantificato infatti in circa 8,4 miliardi di euro i finanziamenti statali dati a politiche di prevenzione, mentre nello stesso periodo si sono spesi 22 miliardi di euro per riparare i danni causati da frane ed alluvioni. E’ quanto afferma la Coldiretti che, con riferimento all’ultima ondata di maltempo, evidenzia che il bilancio è ancora più grave se si considerano le vittime e le tragedie familiari che frane e alluvioni hanno provocato.
Investire nella prevenzione è sempre più urgente in un Paese dove – sottolinea la Coldiretti – sono più di 5 milioni i cittadini italiani che ogni giorno vivono o lavorano in aree considerate ad alto rischio idrogeologico e 6.633 i Comuni che hanno all’interno del territorio aree ad elevato rischio di frana o alluvione. L’aver inserito il Piano irriguo nazionale in una delle quattro linee di intervento delle risorse del Fondo europeo di Sviluppo Rurale riconosce la necessità di intervenire prioritariamente nella stabilità idrogeologica del territorio nazionale anche perché gli studi evidenziano che le bombe d`acqua causano i danni più gravi nei pressi degli argini, dove purtroppo si continuano ad autorizzare costruzioni. A questa situazione di fragilità territoriale non è estraneo il fatto che l’Italia ha perso negli ultimi venti anni 2,15 milioni di ettari di terra coltivata per effetto della cementificazione e dell’abbandono che ha tagliato del 15% le campagne colpite da un modello di sviluppo sbagliato che ha costretto a chiudere 1,2 milioni di aziende agricole nello stesso arco di tempo.
“Ogni giorno viene sottratta terra agricola per un equivalente di circa 400 campi da calcio (288 ettari) e le zone esposte al pericolo di frane e alluvioni riguardano ben il 9,8% dell’intero territorio nazionale – afferma Domenico Roselli. – Per proteggere il territorio e i cittadini che vi vivono, l’Italia – conclude il rappresentate della Coldiretti – deve difendere il proprio patrimonio agricolo e la propria disponibilità di terra fertile dalla cementificazione nelle città e dall’abbandono nelle aree marginali con un adeguato riconoscimento del ruolo, economico, ambientale e sociale dell’attività agricola”.

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