Lustri, domenica 18 dicembre torna la sezione Epica/Scienze per “L’Ulisse mentitore”, ecco il mito dei Ciclopi

Secondo appuntamento con l’”Ulisse mentitore” a Lustri 2016 Cultura in dies, stagione di teatro, musica, letteratura, filosofia ed epica scienza, organizzato dal Comune e dall’Accademia Teatro Città di Solofra con Hypokrtès Teatro Studio e la direzione artistica di Enzo Marangelo, in corso a Solofra. Domenica 18 dicembre, alle 17:00, presso il Complesso monumentale di Santa Chiara, nell’ambito della sezione Epica / Scienze curata dal professore Luigi Spina, il filologo classico Lorenzo Miletti, dell’Università Federico II di Napoli, e l’astrofisico Luca Santoro si confronteranno sul mito dei Ciclopi, uno degli spaccati più affascinanti della narrazione omerica.

Nel mito più antico i Ciclopi sono figli di Gea (la Terra) e Urano (il Cielo). Abili artigiani, fabbricano il tuono, il lampo e il fulmine con cui Zeus combatte contro i Titani. Le fucine in cui aiutano Efesto (Vulcano) si trovano sotto l’Etna e lo Stromboli: i rumori e le faville che i vulcani emettono sono prodotti dal loro lavoro. A essi, creature gigantesche e dotate di una forza immane, si attribuiva la costruzione di grandi mura, per esempio quelle di Micene.

I Ciclopi di Omero abitano invece nel mondo degli uomini, praticano la pastorizia e hanno una diversa genealogia: Polifemo, per esempio, è figlio di Poseidone e di una ninfa marina. Sono selvaggi e violenti, non conoscono semina e aratura, vivono in grotte profonde sulle cime dei monti. Nel viaggio di ritorno da Troia Ulisse giunge nell’isola dei Ciclopi (più o meno la parte sudorientale dell’odierna Sicilia) e con dodici compagni si spinge sino alla grotta di Polifemo. Il Ciclope, di ritorno con le sue greggi, li sorprende all’interno dell’antro. Invano Ulisse gli chiede di essere trattato come un ospite sacro a Zeus: Polifemo risponde che i Ciclopi non si curano degli dei, prende due compagni dell’eroe, li uccide sfracellandoli al suolo e si ciba delle loro carni. L’indomani, dopo che Polifemo ha divorato altri due compagni e ha portato al pascolo il bestiame, Ulisse, con l’aiuto dei suoi, sgrossa un tronco d’olivo, ne arroventa nel fuoco la punta e lo nasconde. Al suo rientro il Ciclope uccide altri due Greci. A questo punto l’eroe gli offre del vino eccezionalmente forte che si era portato dietro in un grande otre. Il Ciclope ne chiede ancora e domanda a Ulisse il suo nome; l’eroe astutamente gli risponde che il suo nome è Nessuno. Quando Polifemo cade in un sonno profondo, Ulisse e i compagni conficcano il tronco dalla punta rovente nell’occhio del Ciclope e lo accecano. Il mostro invoca l’aiuto dei Ciclopi suoi fratelli; ma quando questi gli chiedono chi lo stia derubando o uccidendo, Polifemo risponde: “Nessuno”. A questa risposta essi vanno via.

All’alba seguente, per fare uscire il gregge, Polifemo toglie il macigno dall’ingresso della grotta, ma tasta sul dorso le pecore perché nessuno dei Greci possa sfuggirgli. Ulisse però ha legato i suoi compagni sotto il ventre delle pecore ed egli stesso sfugge al controllo, aggrappato al vello del montone più caro al Ciclope. Raggiunta la nave, svela a Polifemo il suo vero nome. Il Ciclope ricorda allora una profezia che gli prediceva quanto sarebbe accaduto e scaglia contro la nave la punta di una montagna, ma invano. Poi invoca Poseidone affinché Ulisse non faccia ritorno in patria o vi torni tardi, dopo molte sofferenze e dopo aver perso tutti i compagni.

 

 

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