Mario Draghi: “La ripresa è partita, anche per l’Italia”

La ripresa è partita, anche per l’Italia. Che con il quantitative easing della Bce può avere una spinta alla propria crescita di un punto pieno di Pil da qui al 2016. Lo dice Mario Draghi, che però nella sua prima audizione alla Camera da presidente della Bce non risparmia una sferzata all’Italia: approfitti del clima cambiato per fare riforme strutturali incisive. E tagli con l’abitudine, del passato recentissimo, di un consolidamento di bilancio fatto di aumenti delle tasse mentre la spesa corre. Nella sala del mappamondo di Montecitorio, dopo aver incontrato la presidente della Camera Laura Boldrini, Draghi si sottopone alle domande dei deputati come ha già fatto a Madrid, Parigi e Berlino. Si sofferma sul programma di acquisti di titoli da 60 miliardi al mese, che potrebbe spingere anche il piano Juncker per gli investimenti. Uno stimolo alla crescita che ha già fatto rivedere al rialzo alla Bce le sue stime da qui al 2017. Anche per l’Italia, dove il presidente della Bce stima una spinta per la crescita “di un punto percentuale entro il 2016”. Una buona notizia per il Tesoro, che nell’aggiornamento al Documento economico e finanziario (Def) valuta se, anche tenendo conto della partenza debole della produzione industriale a gennaio, sia il caso di alzare la proiezione per quest’anno dallo 0,6% allo 0,8%. Ma l’ex governatore di Bankitalia, interpellato dalle commissioni riunite Bilancio, Finanze e Politiche Ue, non lesina uno sprone piuttosto energico ai governi, succedutisi in Italia, protagonisti come altri di un aggiustamento di bilancio “poco amico della crescita” perché fatto di “aumento di spesa corrente, che continua ad aumentare anche quest’anno, aumento delle tasse fino ai livelli attuali e tagli agli investimenti pubblici” ai minimi storici, che invece vanno stimolati. Un affondo che rischiava di riaccendere il confronto fra Bce e Tesoro per le critiche del bollettino di marzo alla flessibilità negoziata fra Roma e Bruxelles. Ma Draghi, tramite un portavoce, lasciata l’audizione corregge immediatamente il tiro: sull’aumento di spesa “aveva in mente il 2014, dunque i numeri cui si riferiva sono vecchi e già noti”. C’è anche, come ormai da anni, lo sprone alle riforme strutturali “cruciali”, senza le quali la ripresa resta ciclica e una volta esaurita “si torna come prima”. In Italia i governi hanno fatto, ma si può fare di più, è il messaggio da Francoforte: sfruttando l’occasione del Qe, specie per migliorare il “contesto” in cui operano le imprese fra tempi lunghi della giustizia, procedure fallimentari infinite, competitività e produttività basse (leggasi liberalizzazioni, dove la Bce insiste dalla famosa lettera del 2011). E ancora, formazione dei lavoratori, banche da consolidare sfruttando anche la ‘bad bank’ che Draghi appoggia apertamente. Daniele Capezzone, presidente della commissione Finanze, coglie l’invito a un “vero taglio delle tasse”, spending review e attacco al debito pubblico: altrimenti – dice – “si rischia di sciupare l’occasione del Qe”. Al contrario i deputati del M5s presenti all’audizione dicono no al “maestrino” Draghi e invitano a recuperare “sovranità monetaria”. La distanza è ampia, con Draghi che invita a non “trincerarsi nuovamente dietro i confini nazionali” e rafforzare le istituzioni europee.

 

 

 

Da Ansa.it

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