Media Valle del Sabato: l’antica strada dei mulini

I corsi d’acqua con le ferriere, i mulini, le cartiere, da secoli hanno rappresentato i luoghi della vita e dell’anima. Ma se oggi riusciamo a trovare le tracce di antichi mulini e opifici, spesso è dovuto alle cartografie storiche riportate negli atti notarili raccolti presso gli Archivi di Stato, documenti provenienti dai privati, aziende e fondazioni.

L’uomo, grazie all’energia idraulica, sino alla metà del secolo scorso, ha realizzato manufatti e trasformato i prodotti della terra. Con l’inizio dell’industrializzazione, basandosi sullo stesso principio dei mulini è stata prodotta energia elettrica  con la realizzazione di centrali idroelettriche.La costruzione dei mulini ha fatto, quindi, evolvere numerose economie locali, tra le quali quella della nostra comunità. Questa macchina, con la ruota che azionava un lungo palo verticale, che trasmetteva direttamente il moto circolare alla macina posta all’interno della costruzione, era presente lungo il fiume Sabato, Avellola e piccoli ruscelli.

Il funzionamento dei mulini è stato mutuato anche per azionare i mantici e i magli delle ferriere. Alcune fonti, emerse da un convegno nell’aprile 2014 tenutosi a Pratola Serra, promosso dalla Pro Loco e patrocinata dal Comune, rivelano che le fonderie lungo il fiume Sabato che hanno avuto l’acqua come motore per azionare il sistema meccanico per la lavorazione dei materiali ferrosi sotto il regno di Ferdinando I d’Aragona, in soli sette mesi dell’anno 1490, hanno prodotto un notevole quantitativo di attrezzi ed armi.

«La produzione era molto diversificata e andava dal ferro piatto al ferro quadro, dalle lanceai dardi, canne per archibugi, lame, ecc. I carboni di castagno, venivano prodotti sul posto,mentre il minerale di ferro era prelevato a Castellammare di Stabia, ma anche lungo lerive del fiume Sabato, le cui sabbie sipresentavano ricche di ferrite. Lungo il corso del fiume Sabato, sorgevano le ferriere di Serino, Sorbo Serpico, Candida, Avellino (Campo), Pontarola (Avellino), Atripalda, Montefredane, Prata P.U., Serra (Pratola Serra), Altavilla».

Tralasciando alcuni territori e partendo dalla ferriera di Atripalda abbiamo notizia che ”da mese di gennaio al mese di agosto avevano prodotto ferro per 2000 rotoli”e poi non avevano “laborato per defecto de carbuni et vena… de ferro”; era fattore Guglielmo Zazullo. “La ferrera de Montefridano have facto de ferro” da gennaio ad agosto 1600 rotoli soltanto perché”in decta ferrera non laboravano per defecto de carbuni”; il fattore era Stefano di Montefredane. “La ferrera di Prata… have facto de ferro” da gennaio a luglio 1000 rotoli e poi non ha più lavorato “per defecto de carbuni”; Jacopo Molinaro di Prata era il fattore. “La ferrera de Altavilla have facto de ferro per tucto lo mese de ennaro a tucto lo mese de augusto” 950 rotoli e poi “per defecto de ferro et carbuni de la Reggia Corte non laborabo”; il fattore era “Corbello Bonino de Altavilla”.

Il Severini, nella Monografia Storica su Altavilla Irpina, riporta che «l’antico molino del Fisco, il più importante di tutta la provincia di Avellino, detto ora Pannone, dal nome della contrada ove trovasi, il più bello, il più moderno dell’amena vallata del Sabato, ampliato con nuovi e larghi ambienti, preceduto all’esterno da un porticato formato di 12 grandi archi, contiene la vasta sala delle macini e quella lunga e alta, dei frulloni o buratti, in numero di 28. Per il trasporto dello zolfo dalle miniere al molino, serve un apposito binario, che corre in mezzo a una folta boscaglia, lungo il fiume da una parte e la ferrovia dall’altra, e presenta in certi punti un colpo d’occhio incantevole e qualche curva veramente pittoresca».

Lo storico locale, riferendosi all’impianto per la produzione elettrica, descrive che «trovasi attiguo al molino, in una splendida sala, forte del più moderno e ricco macchinario». L’innovazione da qualche anno è andata avanti con l’installazione di una nuova centrale idroelettrica. Che sfrutta sempre l’acqua del fiume, non per caduta ma in senso orizzontale alimentando così delle pale super tecnologiche che producono energia. In precedenza il territorio, dove nacque l’azienda per la lavorazione dello zolfo nel 1863 (la produzione e commercializzazione inizia nel 1866), era appartenuto alla famiglia De Capua. Nel 1842, lo stabilimento idraulico dopo che il principe lo aveva perduto per debiti, era passato all’ordine dei Gerolomini di Napoli e poi venduto a Ferdinando Capone.

E’ accanto all’antico stabile, destinato alla macinazione dei cereali che sorse l’industria per l’estrazione e la macinazione dello zolfo.I mulini, acquistarono un’importanza tale, che li troviamo inseriti anche nella toponomastica locale ottocentesca con la“Cupa del Molino o Formusi”. «Nel punto opposto alla strada Ortore, sul tronco Frondelle, sorge il ramo denominato Cupa del Molino che va a sboccare sul tronco Isca al Pontedel Molino. La sua lunghezza è di metri 271,00 largo metri 2,60 e così termina(Delle strade pubbliche del territorio e caseggiato del Comune di Altavilla Irpina;compilato nel 1868 dall’Assessore perito Signor Tartaglia Serafino ai sensi della legge 20 marzo 1865 artt. 16 e 17. Archivio Biblioteca Comunale “A. Caruso”).

A conferma di quanto in precedenza affermato, riportiamo una piantina redatta nel 1728 dall’ingegnere e “tavolario“ Domenico Cesis, finalizzata alla costruzione di un canale”, ove“si possono ricavare le ferriere e i mulini del conte di Altavilla che sorgevano in località Bosco della Palatina”(Notaio Bernardino Lucano di Altavilla AS AV – 2 aprile 1728). Il toponimo Bosco della Palatina o Palata, probabilmente, traeva origine, dalla costruzione della palizzata che serviva a deviare le acque del Sabato per l’attività dapprima legata ad una ferriera (tardo Medioevo) e mulino (per la trasformazione dei cereali) in seguito adattato alle esigenze dell’azienda mineraria.

In contrada Russo -Tronti sul torrente Avellola, a confine con Altavilla ed in territorio di Grottolella, troviamo il Mulino di Cesare Iannuzzi con la struttura del XIX sec., oggi ridotta a rudere, e sempre a Grottolella, quella di Michelangelo Licchiello, che subì una contravvenzione in quanto “macinava di notte” (fonte: Alle origini di Minerva Trionfante; cartografia della Proto industria in Campania sec. XVI- XIX, vol. 1 tomo I, a cura di Giuseppe Cirillo e Aurelio Musi edito nel 2008 in collaborazione con l’Archivio di Stato di Avellino).

In contrada Tufara, in agro altavillese, vi sono i resti del mulino Severino, attualmente di proprietà dell’Acquedotto Alto Calore. Il casolare, anch’esso ottocentesco con piano rialzato e le macine, è stato abbandonato dopo il sisma del 1980. Sulle presse è ancora visibile la dicitura: Societé generale meuliere (Società generale di pietre per macine) oppure La Fertésous Jouarre (Comune della provincia di Senna e Marna, vicino Parigi).

Sulle sponde del fiume Sabato, verso Benevento in c.da Ponte dei Santi vi era il mulino dei Marini che produceva energia idroelettrica, semidistrutto con l’alluvione del 19 ottobre 1961. In quella  giornata funesta anche la Saim zolfi ebbe gravi danni alle strutture insieme alle costruzioni viarie della zona: ponti, strade, ferrovia. Le cartografie storiche, riportano altri mulini a confine con Altavilla Irpina come quello di Roccabascerana in c.da Tufara con il mugnaio Pietro Lizza e in c.da Bifolco di Giosuè Miranda. Dal summenzionato testo di Cirillo – Musi, conservato presso l’Archivio di Stato di Avellino, apprendiamo che “il mugnaio Michele Barile lavora nel mulino Ischio”di Altavilla(1° febbraio 1870).

 

Roberto Vetrone

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