La produzione vitivinicola, un’eccellenza irpina da salvaguardare e da promuovere – Ne abbiamo parlato con Piero Mastroberardino

La produzione vitivinicola irpina rappresenta l’eccellenza nel mercato nazionale e non solo  i suoi vini sono ricchi di profumi, di personalità, di carattere, ma soprattutto unici e inimitabili. Il panorama produttivo si compone di pochissime grandi aziende, ma è anche frammentato in tante altre piu’piccole, per lo piu’ a gestione familiare. La crisi internazionale si sta abbattendo come una scure sull’economia della nostra Provincia provocando una notevole flessione dei volumi produttivi delle imprese irpine. Con numeri critici specie nel settore metalmeccanico e della concia. Solo l’industria della trasformazione alimentare segna un risultato confortante. Abbiamo avuto modo di    parlare un po’ con il dott. Piero Mastroberardino, imprenditore di successo e  professoredi Economia e Organizzazione aziendale presso l’Universita’ degli Studi di Foggia. Gli abbiamo chiesto una valutazione sul momento attuale e sulle prospettive future per il settore vitivinicolo irpino.

Ecco,  dott. Mastroberardino, il momento di crisi che viviamo sta avendo ripercussioni negative anche sulla produzione vitivinicola irpina?

“Di sicuro non è un momento facile perché il vino non è un prodotto essenziale, e in una fase simile la razionalizzazione dei processi d’acquisto può penalizzare certe categorie di prodotti più di altre. C’è poi da dire che la filiera irpina è popolata per la stragrande maggioranza da imprese appena sorte, che non hanno esperienza nel settore e non hanno ancora maturato una credibilità di marca e per questo possono patire maggiormente un processo di selezione e contrazione delle carte dei vini. Le notizie che raccolgo dalle aziende non sono sempre incoraggianti. Ma l’invito che posso fare a questi nuovi operatori è di pensare all’investimento nel vino in modo diverso da qualunque altra attività imprenditoriale. In questo settore si entra solo per restarvi, avendo una visione prospettica di lungo termine, altrimenti meglio non avviarsi, perché è difficile recuperare i capitali investiti visto il lunghissimo tempo di ritorno dei programmi di investimento. Fare vino per moda, per hobby, o per vezzo è decisamente pericoloso e sconsigliabile”.

 

Per lei che viaggia ovunque, e’ sempre un’emozione ricevere tutti i riconoscimenti e le attestazioni di qualita’ delle nostre produzioni in ogni parte del mondo?

“Certo, è un grande motivo di orgoglio familiare. La famiglia Mastroberardino sin dalla fine dell’Ottocento ha avuto una forte inclinazione ad esplorare le opportunità offerte dai mercati più distanti, aprendo scenari per la viticoltura irpina in Nord America, in America Latina, in svariati Paesi europei, persino nelle colonie d’Africa del periodo fascista. Di tutto questo conservo ampia documentazione epistolare di pugno di esponenti di precedenti generazioni della mia famiglia, materiale di enorme interesse storico. Dunque per me è un segno di continuità e un omaggio ai sacrifici di chi mi ha preceduto consentendo ora all’intero panorama delle imprese irpine di raccogliere frutti important. I frutti del lavoro, della determinazione e della grande fiducia nell’enorme potenziale di questa terra”.

 

Ritiene che gli standard qualitativi dei nostri vini siano ottimali o si deve sempre alzare l’asticella per fissare nuovi obiettivi?

“Gli standard qualitativi dei nostri vini sono molto elevati. Tuttavia il processo di ricerca e innovazione in viticoltura e nelle attività di vinificazione non deve mai interrompersi, né rallentare. La nostra azienda è in frontiera su tutti i temi più caldi ed importanti della viticoltura mondiale, a tenere alta la bandiera d’Irpinia. I più importanti programmi riguardano l’affinamento delle conoscenze nei processi di zonazione, le selezioni di biotipi antichi di nostre varietà da destinare al miglioramento qualitativo della popolazione varietale, i programmi di eco-sostenibilità, per citarne alcuni di grande rilievo. In tutti questi percorsi  Mastroberardino è oggi,  come in passato,  pilota ed apripista”.

 

Ha qualche consiglio da dare alle piccole e medie imprese che affollano il mercato? Sono loro le aziende piu’ fragili quelle che vacillano, e che da sole non hanno la forza di ricercare sbocchi all’estero, cosa che sarebbe giusta per la soluzione ai loro problemi.

“Il primo consiglio è di non fare passi azzardati o investimenti improvvisati. Si finisce per trovarsi in una strada senza ritorno e non riuscire a sostenere i programmi di sviluppo, in momenti in cui il mercato domestico non si espande e le aziende di più piccola dimensione non hanno facile accesso ai mercati internazionali. Poi bisogna investire all’interno sulle competenze gestionali. Le attività più critiche di governo delle aziende non possono essere demandate a consulenti lontani non solo spazialmente, ma anche culturalmente dalle aziende. La vite e il vino vanno vissuti quotidianamente, non in modo saltuario. E ancora, avere massimo rispetto per il territorio e l’ambiente in cui siamo inseriti, che significa presentare vini che ne siano reale espressione, evitare scorciatoie e improbabili spallate alla nostra lunga e prestigiosa storia di territorio vocato alla viticoltura d’eccellenza. Non facile, certo, ma se si vuole lavorare in questo settore le vie apparentemente più brevi e facili da percorrere spesso si rivelano prive di uscita”.

Francesco Aufiero

 

Loading